Un uomo, pochi giorni fa, aveva trovato un insulto sullo scontrino di un ristorante. Nelle scorse ore, ha potuto finalmente avere un confronto con un dipendente del locale "colpevole" di quel gesto infelice. Ecco cosa è emerso dalla loro chiacchierata.
Lavorare a contatto con il pubblico non è semplice. Ogni giorno ci si confronta con persone di tutti i tipi. Se su 100 clienti, 99 sono educati, ce ne sarà sempre una problematico. Nel caso odierno, però, il cliente potrebbe davvero avere ragione, come insegna il vecchio adagio. Lo scorso 23 agosto, un uomo di nome Marquise Vanzego, residente nello stato americano del Marylan, ha ordinato del cibo d'asporto tramite il drive-thru di Chick-fil-A, nota catena di fast food specializzata in pollo fritto. Sullo scontrino ricevuto dopo il pagamento, ha letto un grave insulto rivolto a lui e alla sua famiglia. Il numero del suo ordine, infatti, è "Monkeys L1 2583", ovvero "Scimmie". Una parola che, da secoli, viene usata per offendere con evidente intento razzista.
Marquise, deluso e arrabbiato per quella parola lasciata lì, ha deciso di chiedere un confronto alla persona che l'ha etichettato in quel modo. L'uomo, dopo aver consumato il pasto, è rientrato nel ristorante e ha chiesto ai dipendenti presenti: "Il tizio che ha scritto 'Scimmie' sullo scontrino è ancora qui? Voglio parlarci". Una persona gli ha risposto che il collega in questione era assente, ma al contempo gli ha fonito il numero di telefono del manager. Il suo post Instagram è diventato virale: tv e giornali statunintensi lo hanno intervistato per chiedergli maggiori dettagli. "Sono nero e nel corso degli anni abbiamo subito numerose discriminazioni. Ogni volta che credi che la ferita sia guarita, arriva qualcuno che la riapre", ha dichiarato a News4.
Trova un insulto sullo scontrino, poi parla con il manager del ristorante
Approfittando dello spazio mediatico a sua disposizione, il 52enne ha espresso la sua "rabbia" e il suo "disgusto" verso Chick-fil-A per quanto successo. Ma come ha risposto l'autore dello scontrino? Ufficialmente, malinterpretato il suo cognome quando lo ha sentito tramite l'Intercom del ristorante. Quasi nessuno, però, ci crede: "Marquise" non è poi così simile a "Monkeys". Vanzego insiste: "Questa etichetta non è solo razzista e offensiva, ma anche umiliante per un 52enne afroamericano. È come tornare indietro nel tempo, quando i miei antenati venivano colpiti dallo stesso razzismo, che altri usavano per offendere la loro dignità. Questa è la dimostrazione che ancora oggi la situazione non è migliorata".
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Vanzego ha anche aggiunto di aver parlato indirettamente con il colpevole. Si tratta di un 17enne, ma non viene specificato se maschio o femmina. Il dipendente in questione ha assicurato che ha scritto "Monkeys" perché "credeva di aver sentito quella parola" pronunciata dal cliente al momento dell'ordine al microfono del drive-thru. Il manager del punto vendita di Chick-fil-A in questione gli (o le) ha creduto e ha deciso di non licenziarlo/a. Vanzego, come prevedibile, non è soddisfatto: "Capisco: è un 17enne, sta ancora imparando. Ma credo che debba anche imparare che gesti simili hanno delle conseguenze". Altrettanto prevedibile un'altra conseguenza di questo episodio: "Non tornerò mai più da Chick-fil-A", ha assicurato Vanzego.